Musica

STORIA DELLA MUSICA

(a cura di Bruno Silvestrini)

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LE ORIGINI

La musica esiste da tempi molto antichi, sicuramente da prima ancora che ne rimanesse traccia storica. Non c’è stata civiltà che prima o poi non abbia sviluppato un proprio sistema musicale, o che non ne abbia adottato uno, seppure adattandolo alle sue necessità oppure ai suoi gusti. Il problema della determinazione dell’epoca che ha visto nascere la musica è ovviamente connesso con la definizione di musica che si sceglie di adottare. Mentre, infatti, per un sistema teorico di organizzazione dei suoni, collegato a precisi riferimenti estetici, dobbiamo attendere l’antica Grecia, per la prima comparsa dei singoli ingredienti, come la produzione volontaria, anche tramite strumenti, di suoni da parte dell’uomo, dobbiamo risalire al paleolitico. Alcune testimonianze in questo senso possono essere dedotte da numerosi ritrovamenti in osso e in pietra interpretati come strumenti musicali. Tali sono, ad esempio, gli zufoli magdaleniani di Roc de Mercamps, o i litofoni neolitici scoperti nelle vicinanze di Dalat (Vietnam).

In mancanza di testimonianze dirette o mediate, qualche ipotesi sulla forma che assumeva la musica primitiva può anche essere dedotta dall’osservazione di popoli il cui stato di sviluppo è ancora simile a quello delle culture preistoriche ad esempio gli indios brasiliani, gli australiani aborigeni, alcune popolazioni africane. Si può presumere che le primissime forme di musica siano nate soprattutto dal ritmo: magari per imitare battendo le mani o i piedi il cuore che batte, il ritmo cadenzato dei piedi in corsa, o del galoppo, o magari alterando, per gioco e per noia, le fonazioni spontanee durante un lavoro faticoso e monotono, come per esempio il pestare il grano raccolto per farne farina, o il chinarsi per raccogliere piante e semi, ecc.
Per questi motivi, e per la relativa facilità di costruzione, è molto probabile che i primi strumenti musicali siano stati strumenti a percussione, e presumibilmente qualche variante di tamburo. Tra gli strumenti più antichi ritrovati vi è infatti il tamburo a fessura, un cilindro cavo, con fessura longitudinale lungo la superficie esterna, che veniva suonato percuotendo con le bacchette sulla fessura stessa.

MUSICA NELL’ANTICA GRECIA

Nell’antica Grecia nacque una materia, una scienza, che estraeva anch’essa, queste ultime due, la matematica, che è parte fondamentale della musica, come Pitagora capì, per la relazione tra i rapporti frazionari e suono. Platone affermò che, come la ginnastica serviva ad irrobustire il corpo, la musica doveva arricchire l’animo. Attribuiva alla musica una funzione educativa, come la matematica: secondo lui bisognava saper scegliere fra tanto e poco, fra più o meno, fra bene e male, per arrivare all’obiettivo finale. La parola musica deriva dalla parola greca “moysa, musa. L’idea occidentale di musica è quindi generalmente collegata alle muse, e in questo senso alludeva ad ogni scienza che risveglia l’idea di cosa perfetta, gradevole e ben ordinata.

Le Muse

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Le Muse sono 9 personaggi della mitologia greca e romana, figlie di Zeus e di Mnemosine o Memoria, o, secondo un’altra versione, di Gea (Terra) e Urano (Cielo). L’importanza delle muse nella mitologia antica era assai elevata: esse infatti rappresentavano l’ideale supremo dell’Arte, di cui erano anche patrone. Il numero delle muse e il campo dell’arte in cui esse agivano venne precisato intorno al IV secolo a.C. I loro nomi erano:

  • Calliope         –  colei che ha bella voce, la Poesia epica, con una tavoletta ed un libro;
  • Clio                 –  colei che rende celebri, la Storia, seduta e con una pergamena in mano;
  • Erato              –  che provoca desiderio, la Poesia amorosa, con la lira;
  • Euterpe         –  colei che rallegra,          la Poesia lirica, con un flauto;
  • Melpomene –  colei che canta,               la Tragedia, con una maschera, una spada ed il                                                                              bastone di Eracle
  • Polimnia      –  dai molti inni,                 il Mimo, senza alcun oggetto;
  • Lia                  –  festiva,                             la Commedia, con una maschera, una                                                                                              ghirlanda d’edera ed un bastone;
  • Tersicore     –   si diletta nella danza,  la Danza, con plettro e lira;
  • Urania          –  la celeste,                        l’Astronomia, con un bastone puntato al cielo.

Le Muse sono inoltre citate nell’invocazione dei brani dell’Iliade e dell’Odissea. Nell’antica Grecia la musica occupava un ruolo di grande rilievo nella vita sociale e religiosa. Per i greci la musica era un’arte che comprendeva, oltre la musica stessa, anche la poesia, la danza, la medicina e le pratiche magiche. l’importanza della musica nel mondo greco è testimoniata da numerosi miti che la riguardano. Uno è quello di Orfeo, l’inventore della musica, che riusci a convincere gli dei dell’Ade a restituire alla luce la scomparsa sposa Euridice.

Durante il periodo arcaico (dalle origini al VI secolo a.C.) la musica era praticata solamente da professionisti: gli aedi e i rapsodi. Questi declamavano i miti accompagnandosi con uno strumento musicale e tramandavano la musica oralmente. In seguito nel periodo classico (dal VI secolo a.C. al IV secolo a.C.) la musica entrò a far parte del sistema educativo e cosi venne divulgata. A questo periodo risalgono pochissime fonti di scrittura musicale che erano soltanto di aiuto ai professionisti, perciò la musica veniva ancora tramandata oralmente.
Sempre nel periodo classico si sviluppò la tragedia. I soggetti della tragedia erano presi dai miti letterari e consistevano in dialoghi tra due o tre personaggi alternati da canti corali. Gli attori erano tutti uomini, indossavano maschere e recitavano con l’accompagnamento della musica.
La struttura architettonica del teatro era costituita da una gradinata a semicerchio per il pubblico, di fronte c’era il palco dove si esibivano gli attori e tra gradinata e palco c’era l’orchestra dove si trovava il coro.

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I greci usavano diversi strumenti. I più comuni erano la lira o cetra e l’aulos. La lira era uno strumento a corde che venivano pizzicate da un plettro ed era sacra al dio Apollo. L’aulos era uno strumento a fiato ad ancia, sacro al dio Dioniso. Erano in uso anche strumenti a percussione tra cui i tamburi e i cimbali, meglio noti come piatti. I greci accostarono la musica alla matematica e al movimento degli astri. Pitagora, accostando la musica al movimento dei pianeti, capì che anch’essa era governata da precise leggi matematiche. Portò la sua intuizione sul monocordo e scoprì che se una corda produceva un suono di una certa altezza, per ottenere un suono all’ottava superiore bisognava far vibrare metà della corda; per ottenere la quinta bastava far vibrare i due terzi della corda, e via di seguito. Alla base del sistema musicale greco c’era il tetracordo formato da quattro suoni discendenti compresi in un intervallo di quarta giusta. I due suoni estremi erano fissi, invece i due intermedi erano mobili. I tetracordi si distinguevano in diatonico, cromatico e enarmonico. l’unione di due tetracordi formava un modo che poteva essere dorico, frigio o lidio.  A seconda del tipo di unione i modi potevano essere a loro volta congiunti o disgiunti. Se ad un modo dorico disgiunto si aggiungeva un tetracordo congiunto all’acuto, un altro tetracordo congiunto al grave e sotto quest’ultimo una nota si otteneva il sistema tèleion, ovvero perfetto, dell’estensione di due ottave. Il ritmo musicale si basava su quello poetico. Nella poesia greca la metrica scaturiva dalla durata delle sillabe: brevi o lunghe, lo stesso valeva in musica. La breve equivale all’odierna croma e la lunga al’odierna semiminima. Il ritmo si aveva dall’unione di due o più note o sillabe, ordinate in schemi ritmici chiamati piedi. In poesia la combinazione di vari piedi formava il verso e la combinazione di più versi formava la strofa.

LA MUSICA NELLA ROMA ANTICA
SOTTO L’INFLUSSO DEL MODELLO GRECO

Nel periodo ellenistico si assiste ad una sostanziale crisi di quelli che sono stati i fondamenti della Musiké greca, accompagnata dalla crisi del genere tragico. Ci si imbatte in vere e proprie performance di attori che mettono in scena, dal loro bagaglio, pezzi di repertorio. Il prima è segnato dalla modesta presenza, a Roma, della musica di origini etrusche o italiche, abbinata anche a spettacoli indigeni quali l’atellana e il fescennino. Risale a questa prima fase la diffusione di strumenti di metallo di impiego militare: la buccina di forma circolare, il lituus, a canneggio diritto con il padiglione ripiegato all’indietro, la tuba di bronzo a canna dritta. Il dopo fu caratterizzato dal fatto che i romani conquistarono la Grecia e portarono, in grande quantità, musicisti, intellettuali, artisti e filosofi greci a Roma. L’intero sistema culturale romano sarà condizionato da quello greco, anche dal punto di vista musicale, con delle differenze essenziali. Dal punto di vista drammatico ci saranno tragedie e commedie modellate su quelle greche, ma con la differenza che verranno chiamate diversamente: coturnae quelle greche, perché gli attori greci stavano in coturni (calzari), monodici e corali di carattere rituale erano considerati essenziali nelle solennità pubbliche quali i rioni, nelle feste religiose, nei giochi; palliate quelle romane perché i romani indossavano un abito, il pallio.

IL CANTO GREGORIANO

La tradizione vuole che alla fine di questo secolo, sotto il papato di Gregorio Magno (590-604) si sia avuta la spinta decisiva all’unificazione dei riti e della musica ad essi soggiacente. In realtà si ha motivo di credere che l’unificazione avvenisse quasi due secoli più tardi, ad opera di Carlo Magno e sotto l’impulso della unificazione politica che portò alla nascita del Sacro Romano Impero. L’attribuzione a Gregorio Magno sarebbe stata introdotta per superare le resistenze al cambiamento dei diversi ambienti ecclesiastici, costretti a rinunciare alle proprie tradizioni. Il prodotto dell’unificazione di due dei riti principali quello vetero-romano e quello gallicano fu codificato nel cosiddetto antifonario gregoriano, che conteneva tutti i canti ammessi nella liturgia unificata. Questa unificazione classificò i brani di musica sacra in uso secondo un sistema di modi, ispirati – almeno nei nomi – ai modi della tradizione greca (dorico, ipodorico, frigio, ipofrigio, lidio, ipolidio, misolidio, ipomisolidio). Il repertorio del canto gregoriano è molto vasto e viene differenziato per epoca di composizione, regione di provenienza, forma e stile. Esso è costituito dai canti dell’Ufficio (la cosiddetta Liturgia delle Ore recitata quotidianamente dal clero) e dai canti della Messa.
– Nei canti dell’Ufficio si riscontrano le seguenti forme liturgico-musicali: le Antifone, i Responsori e gli Inni.
– Nei canti della Messa vi sono forme legate alle parti dell’Ordinario o Ordinarium Missæ (cioè i testi che non mutano mai: Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei) e del Proprio o Proprium Missæ (cioè i testi che variano secondo le diverse festività: Introito, Graduale, Alleluia – sostituito dal Tratto nel tempo di Quaresima, – Offertorio e Communio).
– Sia nei canti dell’ Ufficio come in quelli della Messa si riscontrano tutti i generi-stili compositivi del repertorio gregoriano; essi si possono classificare in tre grandi famiglie.
– I canti di genere sillabico (quando ad ogni sillaba del testo corrisponde solitamente una sola nota) come ad esempio le più semplici Antifone dell’ Ufficio, le melodie semplici dell’ Ordinario e i recitativi del Celebrante.
– I canti di genere semisillabico (quando ad ogni singola sillaba del testo corrispondono piccoli gruppi di note) come ad esempio gli Introiti e i Communio della Messa o alcune antifone più ampie dell’ Ufficio.
– I canti di genere melismatico (quando ogni sillaba del testo è fiorita da molte note) come ad esempio alcuni Graduali e Offertori o i responsori prolissi dell’Ufficio.
Neuma plurisonico – La riforma gregoriana sostituì lo studio dei testi alla trasmissione orale delle scuole di canto delle origini, sacrificando, oltre alle particolarità regionali (alcune delle quali, specialmente quelle di derivazione mozarabica, particolarmente ricche) e all’intonazione microtonale (che esisteva ancora nel rito vetero-romano) anche il ruolo dell’improvvisazione. Allo stesso tempo si creò la necessità di “annotare” i testi scritti in modo da aiutare i cantori ad eseguire le musiche sempre nello stesso modo, con una linea melodica che indicava la sua direzione, ascensionale o discensionale. Quest’esigenza fece nascere segni particolari (i neumi, pare nati dai gesti del direttore del coro) che, annotati tra le righe dei codici, rappresentavano l’andamento della melodia, come già detto, (ma lasciando liberi intonazione e ritmo). La scrittura neumatica divenne così la prima notazione, da cui poi la parola nota“, musicale moderna.  La scrittura neumatica lasciava molto all’immaginazione del lettore, e, proprio per questo, era inadatta alla trascrizione di composizioni di maggiore complessità, che mettevano a dura prova la memoria dei cantori. Fu nell’opera di Guido d’Arezzo (992 ca.-1050 ca.) che si affermò il primo sistema di scrittura diastematica, una scrittura, cioè, che permetteva di indicare le diverse altezze delle note da intonare. Guido chiamava il suo sistema tetragramma perché inseriva dei segni (che sarebbero poi diventati le moderne note) in una griglia costituita (spesso) da quattro righe parallele.

tetragramma

Fu questo l’inizio dell’uso delle note in cui la scrittura delle durate era ottenuta proporzionalmente (la durata di una nota era indicata in proporzione alle altre). Alle note che erano posizionate negli spazi e sulle linee, Guido assegnò nomi corrispondenti alle sillabe iniziali dei primi sei versetti di un inno dedicato a San Giovanni Battista come memorandum per gli allievi:

Ut queant laxis,
Resonare fibris,
Mira gestorum,
Famuli tuorum,
Solve polluti,
Labii reatum,
Sancte Iohannes.

Traduzione:

Affinché i devoti possano
fare risuonare
a piena voce le meraviglie delle tue imprese,
assolvi la colpa
del labbro impuro,
o San Giovanni.

Il nome UT della prima nota fu sostituito nei paesi latini per eufonia (dal gr. bellezza di suono) con DO. Il pentagramma venne usato dal XVI sec., prima era un tetragramma, ancora usato per canti e musiche gregoriane.

VALORE DELLE NOTE MUSICALI

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La vera innovazione di Guido fu che le prime sillabe dell’Inno non servirono solo per dare un nome alle note, ma anche a darne l’intonazione relativa. In questo modo un cantore poteva intonare a prima vista un canto mai udito prima semplicemente facendo riferimento alla sillaba dell’Inno con la stessa intonazione della prima nota cui il canto iniziava per averne un’immediata idea della tonica. A questo procedimento di memorizzazione Guido diede il nome di solmisazioneNegli anni che seguirono il tetragramma di Guido d’Arezzo, in origine dotato di un numero variabile di linee, si sarebbe stabilizzato su cinque linee (assumendo il nome di pentagramma e la nota Ut avrebbe mutato il suo nome in Do ponendo le basi della notazione musicale moderna.

I TROVATORI

trovatori

Dal punto di vista della sua conservazione la musica fu doppiamente svantaggiata. Essa da una parte soffrì, fino all’invenzione del torchio a stampa, della sorte comune a tutto il materiale che doveva essere tramandato in forma scritta, cioè della rarità del materiale, dei mezzi e delle capacità di tramandarlo. A ciò si aggiunse la mancanza di una notazione che permettesse di scrivere la musica in maniera univoca (cui si giungerà compiutamente solo attorno al 1500). A queste circostanze pratiche, si aggiungevano pregiudizi di carattere culturale (risalenti addirittura alla concezione Greca) che individuavano nella pratica musicale una parte nobile, collegata alla parola, e una artigianale, collegata al suono strumentale. La seconda veniva relegata in secondo piano e, nella sua funzione di servizio, lasciata ai musici professionisti (sempre di origine non nobile): questo equivale a dire che la musica popolare era affidata esclusivamente alla trasmissione orale ed è per noi completamente perduta. Le poche melodie che sono giunte fino a noi lo hanno fatto spesso intrufolandosi in composizioni considerate degne di essere tramandate (spesso in parti della messa): è questo il caso della melodia detta l’homme armé e (più tardi) della melodia detta la follia. Solo in epoca moderna la musica popolare inizierà ad essere considerata degna di essere tramandata. Si sa comunque che nel Medioevo si produceva molta musica di carattere non sacro:una importante testimonianza (profana anche se non propriamente popolare) viene dalle composizioni dei trovatori, dei trovieri e dei minnesanger, cantori e poeti vaganti, le cui prime testimonianze datano attorno all’XI secolo. Di provenienza linguistica diversa (lingua d’oc o occitano per i trovatori, lingua d’oil per i trovieri, tedesco per i minnesanger o menestrelli), essi erano accomunati dall’argomento delle loro canzoni, l’amor cortese e dalla loro frequentazione, appunto delle corti, dove era stata elaborata questa forma ritualizzata d’amore. La diffusione delle composizioni trobadoriche accompagnò anche la diffusione dell’idea che l’educazione musicale (rigorosamente non professionale) dovesse far parte dell’educazione di un nobile. Come per il resto delle composizioni popolari però, anche la parte musicale delle composizioni trobadoriche è andata quasi completamente perduta.

ARS ANTIQUA E ARS NOVA

L‘ars antiqua fu un fenomeno musicale che si formò a Parigi nel 1150 e che terminò nel 1320. Nasce in contrapposizione all’ars nova, che sarà un altro grande movimento polifonico che nascerà nel XIV secolo. Dal punto di vista della notazione musicale, la Scuola di Notre Dame introdusse la tecnica di indicare precisamente l’altezza delle note (che nell’opera di Guido d’Arezzo era ancora intesa in maniera relativa) in modo simile a quello che avviene nella scrittura musicale moderna, e la prima idea di divisione delle durate: ogni nota poteva essere divisa in tre note di durata inferiore. L’Ars nova sviluppò ulteriormente il concetto di notazione mensurale, aggiungendo altre durate a quelle usate fino ad allora, ed estendendo l’applicabilità della divisione binaria dei valori; inoltre accentuò gli aspetti musicali delle composizioni (moltiplicando le voci dei cantori ed introducendo ad esempio la forma politestuale del mottetto) rispetto agli aspetti testuali. Queste innovazioni la posero ben presto in polemica con gli esponenti dell’ Ars antiqua (polemica che assunse toni cosí violenti da dover essere sedata da un intervento regale).

LA MUSICA NELL’UMANESIMO E NEL RINASCIMENTO

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Durante il Quattrocento si sviluppò un nuovo stile, inizialmente per ispirazione dei compositori inglesi (in particolare John Dunstaple), e successivamente ad opera della scuola franco fiamminga, che innovò grandemente le preesistenti forme della messa, del mottetto e della chanson. Ponendo le consonanze per terze (ancora oggi familiari all’orecchio occidentale) e la forma imitativa del canone alla base delle loro procedure compositive, i franco-borgognoni (tra cui ricordiamo il caposcuola Guillaume Dufay  e il grande Josquin Des Prez) rivoluzionarono la pratica della polifonia ereditata dall’Ars nova. Il lavoro di questi compositori poneva le basi per lo sviluppo di quella che sarebbe stata la teoria dell’armonia. Nel Cinquecento abbiamo la nascita del madrigale (una forma cantata a più voci, in cui il significato del testo comunicava il carattere espressivo alla musica) ad opera del francese Philippe Verdelot e del fiammingo Jacques Arcadelt. Grazie all’invenzione della stampa nacque l’editoria musicale che in Italia si rivolse soprattutto ad una élite, mentre in Francia e nel nord Europa puntò ad un ampliamento del mercato. La Riforma influenzò radicalmente il modo di concepire la musica: mentre nelle zone calviniste la musica fu ridotta alla sola funzione liturgica, in quelli luterani si diffuse capillarmente ai livelli popolari, assolvendo il ruolo di collante nazionale grazie alla lingua e alla fede. Furono gettate le basi per una nuova sensibilità germanica nei confronti di questa arte che produrrà effetti epocali. Nella seconda metà del secolo abbiamo la nascita del melodramma, ad opera della Camerata fiorentina: nei decenni successivi il genere sarà portato in auge soprattutto grazie a Claudio Monteverdi.

IL BAROCCO E IL SISTEMA TONALE

Nel Seicento la musica strumentale in occidente divenne autonoma ed assunse una fisionomia delineata in generi come la sonata, la sinfonia, il concerto grosso. La musica occidentale si sviluppò con straordinaria rapidità attraverso i secoli successivi, anche perfezionando il suo sistema tonale: una pietra miliare è costituita dalle composizioni di Johann Sebastian Bach del clavicembalo ben temperato (I libro 1722, II libro 1744,raccolta di 48 Preludi e Fughe in tutte le tonalità). Nella prima metà del Settecento sorse la committenza indiretta, vale a dire la fruizione dell’arte da parte di un pubblico pagante.

IL CLASSICISMO E LA MUSICA ROMANTICA

Nel secolo d’oro della musica classica occidentale, gli anni che vanno dal 1750 al 1850, essa si esprime in forme sempre più ricche ed elaborate, sia in campo strumentale (uno straordinario sviluppo ebbe la forma della sinfonia) che in campo operistico, sfruttando sempre più estesamente le possibilità espressive fornite dal sistema armonico e tonale costruito nei secoli passati. Durante questo periodo, per la prima volta, si manifestò un sentimento storico dell’esperienza musicale; la musica acquisì una coscienza storica al pari delle altre arti grazie agli studi e le pubblicazioni che riguardarono il passato. Questo nuovo fenomeno consentì di creare una saldatura tra il presente ed il passato e di dare continuità al percorso evolutivo musicale. Nel XVIII secolo vi fu la grande presenza di Mozart. Senza dubbio fu uno, tra i grandi, e sono tanti; e grazie a lui l’evoluzione della musica poggiò su un grande pilastro creato, che si estese in tutti i campi, sinfonia, opera, musica da camera, serenate, e che rappresentò il legame, possiamo dire, tra la musica del Settecento (le sinfonie calme e serene, che rispecchiano alla perfezione gli schemi musicali, di Haydn) e quella romantica del XIX secolo. Agli inizi del XIX secolo giganteggiò la figura di Ludwig van Beethoven, che prese le mosse dall’eredità di Mozart e dei compositori classici coevi per arrivare a trasfigurare le forme musicali canoniche, soprattutto la sinfonia e la sonata, creando al contempo il concetto di musica assoluta, cioè svincolata dalle funzioni sociali cui era stata fino ad allora subordinata.

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Ludwig van Beethoven

Con Beethoven si assistette alla nascita della figura del compositore/artista, contrapposta a quella, in precedenza prevalente, del musicista/artigiano. Insieme a lui, artisti come Johannes Brahms, Anton Bruckner e Gustav Mahler ottennero ottimi risultati specialmente in campo sinfonico, per questo si parla di “Stagione del grande sinfonismo tedesco”. In Beethoven si trovano le prime manifestazioni del romanticismo musicale, molti protagonisti del quale furono di area germanica e austriaca, come Schubert, Mendelssohn, Schumann. A Parigi operano invece Berlioz e il polacco Chopin.

LA MUSICA CONTEMPORANEA

Queste innovazioni in campo tonale vennero radicalmente contestati dalla musica del XX secolo, che esplorò le nuove forme dell’atonalità. Con questa tecnica il singolo compositore definì autonomamente le regole per la realizzazione del brano, dando maggiore importanza all’effetto prodotto dai suoni piuttosto che alla loro appartenenza ad un assegnato sistema tonale: per apprezzare un brano di musica composto secondo questi canoni, però, il solo ascolto non è sufficiente, ma deve essere integrato da un attento studio dello spartito. In particolare, nel secondo decennio Arnold Schonberg , assieme ai suoi allievi, tra cui si ricordano Alban Berg e Anton Webern, giunse a delineare un nuovo sistema, noto come “dodecafonia”, basato su serie di 12 note. Alcuni ritennero questo l’inizio della musica contemporanea, spesso identificata con la musica d’avanguardia: altri dissentirono vivamente, cercando altre strade. Il concetto di serie, inizialmente legato ai soli intervalli musicali, si svilupperà nel corso del secondo Novecento sino a coinvolgere tutti i parametri del suono. Fu questa la fase del serialismo, il cui vertice fu raggiunto negli anni cinquanta con musicisti come Pierre Boule e John Cage.  Altri musicisti – e tra gli altri Igor Stravinsky, Bela Bartok e Maurice Ravel – scelsero di cercare nuova ispirazione nelle tradizioni folkloriche e nella musica extraeuropea, mantenendo un legame con il sistema tonale, ma innovandone profondamente l’organizzazione e sperimentando nuove scale, ritmi e timbri.

CANTO E MUSICA NELLA TRADIZIONE FOLCLORICA

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Con musica popolare o musica folk (letteralmente musica del/dal popolo) e canto popolare si indicano quei generi musicali che affondano le proprie radici nelle tradizioni di una determinata etnia, popolazione, ambito geografico o culturale. Questo concetto deve essere distinto da quello di musica pop legato a quello di canzone popolare. La musica, ma soprattutto il Canto popolare risveglia all’orecchio degli appassionati di etnomusicologia un interesse particolare. Questa musica nasce insieme alla civiltà umana e con essa si sviluppa nel corso dei secoli tramandata di generazione in generazione oralmente. La canzone popolare – Diverso dal concetto folclorico di canto popolare, ma da esso originata, la canzone attraverso i suoi interpreti raccontò, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, la storia, le vicende, e le trasformazioni delle città italiane e straniere. Si diffuse nei salotti borghesi dove si organizzavano incontri di società; questa volta come dice lo slogan tale slogan esemplificò la matrice del successo generalizzato ottenuto grazie allo sviluppo di tematiche vicine ai sentimenti comuni.

Spesso si trattò di canzoni dialettali che parteciparono a festival come quello celeberrimo di Piedigrotta e che rapidamente trascesero le frontiere dei vari stati e le incomprensioni linguistiche. Con l’introduzione di rapporti innovativi tra gli autori e gli editori, con una gestione regolamentata internazionalmente dei diritti degli autori e con la prospettiva di poter usufruire di un pubblico sempre più vasto, gli uffici della SIAE dell’epoca vennero presi d’assalto da un nugolo di nuovi autori, di tutte le estrazioni sociali e culturali.

JAZZ E BLUES

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All’inizio del 1900, negli Stati Uniti d’America, iniziarono a diffondersi tra la popolazione urbana diversi generi musicali derivati dalle tradizioni popolari degli africani portati come schiavi sul continente, e dalle loro contaminazioni con le tradizioni musicali bianche. Nacquero e acquisirono notorietà in questo modo il ragtime, il blues urbano (derivato dal cosiddetto blues primitivo che veniva cantato nelle campagne), e da ultimo, il jazz, che combinava la musica bandistica e da parata, che veniva suonata soprattutto a New Orleans, con forti dosi d’improvvisazione e con particolari caratteristiche ritmiche e stilistiche. L’invenzione del fonografo e della radio, permise una diffusione senza precedenti di questi nuovi generi musicali, che erano spesso interpretati da musicisti autodidatti molto più legati ad una tradizione musicale orale che non alla letteratura musicale. Le origini non europee degli interpreti, e il citato ricorso all’improvvisazione, contribuirono a creare musiche di grande freschezza e vitalità. Al contrario di quello che era successo tante volte nella storia della musica, la tecnologia offriva ora ad una musica popolare fondata più sulla pratica che sulla scrittura di essere trasmessa e tramandata, piuttosto che dimenticata. La musica jazz continuò a svilupparsi per tutto il XX secolo, diventando prima musica di larghissimo consumo durante gli 30 (detti gli anni dello swing), intrecciandosi con altri generi per dare vita a forme di espressione musicale ancora diverse ed evolvendosi poi gradatamente in una “musica per musicisti” e per appassionati, espandendosi fuori dall’America e trovando seguaci prima in Europa (dove fu spesso apprezzata più che nel suo luogo di nascita) e poi in tutto il mondo, e diventando uno dei contributi musicali più importanti del Nuovo Continente. La musica Jazz si può considerare come un nuovo varco verso altri mondi musicali: un genere che, partendo da un substrato che comprendeva le forme popolari del blues, degli spiritual e della musica bandistica e incorporando via via altre forme di musica nera (ad esempio il ragtime degli anni 1920) arrivò ad utilizzare una base di standard usati come punto di partenza per modificarne di continuo ogni modulo armonico, melodico, e ritmico.

Tutta la musica jazz e derivata è stata definita come colta, appunto per il presupposto che è risultante della conoscenza della musica classica, e delle varie etnie musicali. Lo stesso non può dirsi per il blues iniziale. Il passaggio di qualità può forse attribuirsi a George Gershwin, musicista di grande valore, figlio di emigranti russi, morto giovanissimo ma che ebbe dei maestri importanti e fu ispirato da autori come Debussy e Ravel. La sua produzione è incredibilmente vasta, ma restano più valide le opere definite minori (circa 700), utilizzate anche ora come standard inesauribili. Ricordiamo che lo stesso Debussy venne influenzato dal jazz, come si può ben udire in “Golliwogg’s Cakewalk”, brano posto alla fine del “Children’s Corner”, una delle sue più celebri suite per pianoforte. XX secolo (Pop e Rock) – All’inizio del XX secolo la musica occidentale cambiò profondamente , e fu scossa fin dalle fondamenta. Non solo, ma cambiarono anche, grazie alle invenzioni relativamente recenti della radio e del fonografo, i modi e i tempi di ascolto della musica stessa, prima limitati a concerti in locali appositamente adibiti, come teatri, locali, club o case private. Da una parte iniziò a crearsi un pubblico potenziale più vasto e meno acculturato, che apprezzava strutture melodiche e armoniche più semplici, dall’altra mai come in questo periodo storico fu facile, per chi volesse suonare, procurarsi uno strumento e imparare a usarlo. A questo si deve aggiungere una seconda rivoluzione, anche questa tecnologica: l’invenzione dell’altoparlante e dell’amplificazione audio, che permise di far suonare assieme strumenti che non potrebbero farlo altrimenti (come per esempio una chitarra, una batteria di tamburi e un pianoforte), perché il suono di alcuni di essi prevaricherebbe completamente gli altri. Queste nuove possibilità tecniche crearono l’occasione per nuovi veicoli espressivi che la musica colta tardò a cogliere e che la nuova musica popolare non ebbe alcun problema ad adottare, creando, tra il 1920 fino al 1980 e in misura minore negli anni successivi, una grande fioritura di nuovi stili e generi (quali jazz, blues, rock, soul, pop, funky, metal, fusion, ognuno dei quali si è suddiviso in ulteriori sottogeneri). Nacquero così personaggi che diventano autentici fenomeni mediatici raggiungendo una popolarità senza precedenti. Fra questi si possono citare Frank Sinatra, Elvis Presley, i Beatles  per arrivare ai recenti Michael Jackson, Oasis, Madonna, Britney Spears. 

Altro genere popolare sorto nel XX secolo è stato il rock che è la dizione abbreviata di “rock and roll” o “rock’n’roll”, e da quando si affermò questa espressione abbreviata si svilupparono vari sottogeneri che enfatizzavano gli aspetti più aggressivi del rock’n’roll. La parola rock si iniziò a leggere come roccia”, e in espressioni come Hard Rock cioè roccia dura. Il rock’n’roll nacque negli anni cinquanta come musica da ballare, derivato dal boogie-woogie, ballo afro-americano del dopo guerra, infatti, sta proprio per “ondeggia e ruota“. Quando rock e rock’n’roll si differenziarono, cioè da quando appunto non furono più sinonimi, la seconda espressione venne intesa come forma originaria di questo genere di musica. Storicamente un gruppo, o una band è formata da una voce, una o più chitarre, il basso e la batteria, spesso con l’inserimento di pianoforte o sassofono. Negli anni settanta, soprattutto in Inghilterra, si affacciarono personaggi come i Genesis, Led Zeppelin, Queen, Pink Floyd, Arthur Brown e Soft Machine pronti a spaziare e a raggiungere nuove melodie musicalmente più complesse rispetto a quelle del rock primitivo per iniziare a dare vita a una rivoluzione. In questa rivoluzione fu coinvolta anche la tecnologia, che con il sintetizzatore, il moog, il mellotron iniziarono a dare vita nella metà degli anni sessanta al progressive, fino alla fine degli anni settanta in cui nacque un nuovo stile musicale che azzerò completamente il progressive, il punk, che vide il ritorno a sonorità hard e violente. Rock ‘n Roll – scuotiti e rotola (inventato dai neri d’America per dire: “fare l’amore”)

GENERI MUSICALI

STRUMENTI MUSICALI

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Uno strumento musicale è un oggetto che è stato costruito o modificato con lo scopo di produrre della musica. In principio, qualsiasi cosa producesse suoni, poteva essere usato come strumento musicale, ma questo termine definisce solo gli oggetti che hanno il suddetto scopo. Gli strumenti musicali si possono suddividere secondo la classificazione Hornbostel-Sachs in cinque famiglie, l’ultima delle quali aggiunta solo in seguito:
Aerofoni: emettono un suono per mezzo di una colonna d’aria che vibra all’interno dello strumento.
Cordofoni: il suono è emesso dalla vibrazione di una corda azionata tramite lo sfregamento di un arco, la percussione di un martelletto, o pizzicando la corda.
Membranofoni: il suono è prodotto dalle vibrazioni di membrane, percosse dalle mani o da appositi battenti.
Idiofoni: il suono è prodotto dalla vibrazione del corpo dello strumento stesso.
Elettrofoni: il suono viene generato per mezzo di una circuitazione elettrica, o per induzione elettromagnetica.

TEORIA DELLA MUSICA

Un’arte tanto antica e tanto legata alla civiltà non poteva non generare un corposo insieme di conoscenze, che molti studiosi della musica si sono preoccupati di sistemare e classificare. Queste conoscenze sono riassumibili nella teoria musicale, che è un insieme di metodi per analizzare, classificare e comporre la musica e i suoi elementi. Essa, ad esempio, tratta la grammatica della musica, cioè il pentagramma, le chiavi musicali e in generale il modo di scrivere (semiografia) la musica. Pertanto, può essere definita come la descrizione in parole degli elementi della musica, e delle relazioni tra la semiografia (o comunemente detta: notazione musicale) e la sua esecuzione. Lo studio accademico della musica è chiamato musicologia.

TERMINI COMUNI

La terminologia musicale è molto ampia.  I termini usati per parlare di un particolare brano musicale includono:

  • la nota è il simbolo utilizzato per indicare una specifica intonazione;
  • la melodia è una successione di suoni percepita come un percorso coerente;
  • l’accordo nella musica tonale è il risultato della combinazione simultanea di più suoni, sottoposta a vincoli e regole tradizionali;
  • l’armonia è lo studio della classificazione e delle concatenazioni di accordi;
  • il contrappunto, dal lat. punctum contra punctum, punto contro punto, nota contro nota, è la simultanea organizzazione di differenti melodie;
  • il ritmo è l’organizzazione delle durate e degli accenti nelle varie parti che compongono un pezzo musicale;
  • il tempo nelle sue diverse accezioni;
  • gli armonici, ovvero l’insieme delle note che, unite, compongono una stessa nota, come l’ottava, la quinta, la terza, ecc.
  • il timbro è la caratteristica che differenzia ogni strumento, e dipende dalla forma dell’onda sonora prodotta dallo stesso. Solo nel Romanticismo si cominciarono ad intuire ed utilizzare le diverse potenzialità espressive di ogni strumento, le quali dipendono appunto dal timbro;
  • la pausa è l’intervallo che spesso si interpone tra una nota ed un’altra.

MUSICISTI

Un musicista è una persona che esegue o che compone musica per professione. I musicisti si possono classificare secondo questo schema, che li suddivide in base al loro ruolo nella categoria professionale:

DIRETTORI D’ORCHESTRA

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Il direttore d’orchestra, spesso chiamato anche maestro, è la figura di riferimento in un coro, un’orchestra o in generale in un gruppo di musicisti. La sua direzione è innanzitutto di aiuto per la coordinazione dei musicisti fra loro, indicando il tempo, i diversi ingressi e le dinamiche. Egli inoltre chiarisce a cantanti, solisti e strumentisti il contenuto e l’impostazione generale del componimento musicale. Le sue funzioni sono anche quelle di guidare le prove e prendere tutte le decisioni necessarie da un punto di vista musicale, interpretando l’opera musicale. In assenza di un comitato artistico, il direttore sceglie anche il repertorio da eseguire. Il ruolo del direttore, come lo conosciamo oggi, si è formato intorno al XIX secolo.

COMPOSITORI

Un compositore è un artista che crea opere musicali, dette appunto composizioni. Il termine perciò è usato indipendentemente dal genere o stile musicale e indica una persona che costruisce con i suoni un risultato (oggetto sonoro) destinato ad essere ascoltato. La composizione, al fine di poterne agevolare la riproduzione, è generalmente trascritta su uno spartito tramite un sistema di simboli chiamato notazione musicale, che appunto utilizza le cosiddette note musicali: l’opera del compositore è eseguita dagli interpreti (musicisti, cantanti), ma, ovviamente, può essere eseguita anche dall’autore stesso. Il mestiere del compositore non è una professione protetta. Anche autodidatti si possono chiamare in questo modo, ma gli studi di composizione si eseguono in Italia presso i Conservatori.

CANTO

“Com’è nobile chi, col cuore triste, vuol cantare ugualmente un canto felice, tra cuori felici”. (Khalil Gibran)

Dei cantanti – Il canto è la produzione di suoni musicali mediante la voce, ovvero l’uso della voce umana come strumento musicale.

Un gruppo musicale composto principalmente da cantanti (che in questo caso si dicono più propriamente cantori) viene definito coro; quando il coro esegue musica senza accompagnamento strumentale si parla di canto a cappella.

Tipi di emissione – La voce umana nasce dalla vibrazione delle due corde vocali in adduzione tra loro dovuta al flusso creato dall’aria espirata dai polmoni. Nell’uso canoro il suono della voce è caratterizzato dalle risonanze della trachea, della faringe e della bocca, ed eventualmente delle altre cavità (seni) facciali e craniali; i timbri vocali che si ottengono dipendono anche dal meccanismo di produzione della voce. A seconda del modo in cui la voce viene prodotta si possono distinguere tre tipi di emissione: la voce ingolata, la voce impostata e il falsetto.

TECNICA DEL CANTO

La tecnica del canto è quell’insieme di accorgimenti, appresi con l’allenamento e lo studio, necessari ai cantanti professionisti per evitare gravi danni alla laringe e alle corde vocali e per ottenere una voce timbricamente gradevole, potente e con un’ampia gamma cantabile, cioè una estensione dalla nota più bassa alla più alta in cui il timbro è omogeneo e l’intonazione è corretta e stabile. Tutti, più o meno, possono cantare una canzone. Molti di meno invece riescono a cantare più canzoni di seguito, anche semplici: dopo qualche minuto un cantante improvvisato comincia a sentire mal di gola, e la sua voce comincia a farsi roca e sfiatata: se nonostante tutto continua a cantare, di lì a poco si ritrova afono, e corre il rischio di procurarsi un edema alle corde vocali. Questo accade perché, istintivamente, il cantore di cui sopra usa la sua voce come se parlasse. Ma l’uso della voce che si fa normalmente, sebbene sufficiente allo scopo di parlare, impone alle corde vocali delle sollecitazioni troppo forti nel caso del canto: per poter cantare per ore senza danni, senza sforzo e con una voce sempre gradevole, il cantante deve reimparare ad usare la sua voce in modo nuovo, attraverso lo studio, l’allenamento e l’autosservazione.

CORO

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Il coro è un insieme di persone che, sotto la guida di un direttore, si esprime artisticamente attraverso il canto. I suoi componenti sono detti cantori (o coristi). Il termine coro può denominare, in modo generico, anche una composizione musicale scritta per tale organico.

La Musica corale

Per musica corale si intende l’insieme delle discipline artistiche (composizione, esecuzione, direzione ecc.) che riguardano quell’importantissimo “strumento musicale” che si chiama coro.

OPERA

L’opera lirica è un genere teatrale e musicale in cui l’azione scenica è abbinata alla musica e al canto. Tra i numerosi sinonimi, più o meno appropriati, basti ricordare melodramma e opera in musica. Oggetto della rappresentazione è un’azione drammatica presentata, come nel teatro di prosa, con l’ausilio di scenografie, costumi e attraverso la recitazione. Il testo letterario che contiene il dialogo appositamente predisposto e le didascalie è chiamato libretto. I cantanti sono accompagnati da un complesso strumentale che può allargarsi fino a formare una grande orchestra sinfonica. I suoi soggetti possono essere di vario tipo, cui corrispondono altrettanti sottogeneri: serio, buffo, giocoso, semiserio, farsesco. L’opera lirica si articola convenzionalmente in vari “numeri musicali”, che includono sia momenti d’assieme (duetti, terzetti, concertati, cori) che assoli (arie, ariosi, romanze, cavatine). Fin dal suo primo apparire, l’opera accese appassionate dispute tra gli intellettuali, tese a stabilire se l’elemento più importante fosse la musica o il testo poetico.In realtà oggi il successo di un’opera deriva – secondo un criterio comunemente accettato – da un insieme di fattori alla cui base, oltre alla qualità della musica (che dovrebbe andare incontro al gusto prevalente ma che talvolta presenta tratti di forte innovazione), vi è l’efficacia drammaturgica del libretto e di tutti gli elementi di cui si compone lo spettacolo teatrale. Un’importanza fondamentale rivestono dunque anche la messinscena (scenografia, regia, costumi ed eventuale coreografie), la recitazione ma, soprattutto, la qualità vocale dei cantanti.

Cantanti lirici – I cantanti, e i ruoli che essi interpretano, sono distinti in rapporto al registro vocale. Le voci maschili sono denominate, dalla più grave alla più acuta, basso, baritono, tenore. A essi si possono aggiungere le voci di controtenore, sopranista o contraltista, che utilizzano un’impostazione in falsetto o falsettone, cioè senza appoggiatura. Esse eseguono ruoli un tempo affidati ai castrati.

Le voci femminili sono classificate, dalla più grave alla più acuta, come contralto, mezzosoprano e soprano. Anch’esse eseguono oggi, molto di più frequente delle corrispondenti voci maschili, i ruoli sopranili e/o contraltili scritti per le voci dei castrati. Il pentagramma venne usato dal XVI sec., prima era un tetragramma, ancora usato per canti e musiche gregoriane.

PRINCIPALI FORME MUSICALI

  • Aria                            – Melodia vocale o strumentale.
  • Ballata              – Pezzo strumentale in forma più o meno libera ispirata a un testo  letterario, spesso una leggenda popolare.
  • Cantata                   – Composizione a una o più voci con accompagnamento strumentale.
  • Concerto per solista – Dialogo, generalmente in tre movimenti, tra l’orchestra e uno strumento solista.
  • Fuga            – Composizione di stile contrappuntistico, basata sul principio dell’ imitazione  e sulla elaborazione di un tema generatore chiamato soggetto.
  • Impromptu         – Sinonimo di improvviso, forma musicale per strumenti con improvvisazioni su un tema.
  • Madrigale           – Breve componimento poetico, di soggetto amoroso.
  • Melodia               –  Successione di suoni modulati da cui risulta un canto regolare e soave.
  • Melodramma   –  Azione drammatica in musica.
  • Opera         – Dramma lirico, musicato e cantato, costituito da una introduzione orchestrale, da arie, episodi d’insieme, cori, recitativi.
  • Oratorio         – Composizione drammatico – musicale, per solisti, coro e orchestra, di argomento religioso.
  • Poema sinfonico-Composizione sinfonica in forma libera che ha come punto di partenza un testo letterario o un’idea pittorica.
  • Quartetto        – Composizione strumentale in forma libera, che si ispira a temi  popolari,  regionali o nazionali.
  • Rapsodia        – Componimento musicale fatto su motivi popolari adattati e collegati.
  • Romanza        – Canto popolare eroico tipicamente spagnolo.
  • Sinfonia          – Composizione musicale per orchestra, che di solito ha quattro tempi.
  • Suite                 –  Serie di brani musicali sinfonici uniti insieme.
  • Toccata     – Composizione musicale da camera per tre strumenti solisti, costruita secondo lo schema formale della sonata.

INTENSITA’ DEI SUONI

  • 0 db           = soglia di udibilità assoluta per l’uomo.
  • 10 db         = brusio delle fronde.
  • 20 db        = bisbiglio percepibile a un massimo di 1,20 m. di distanza.
  • 30 db        = rumori di fondo di un’abitazione tranquilla.
  • 40 db        = conversazione a voce bassa, ticchettio di un orologio.
  • 50 db        = macchina da scrivere manuale, automobile poco rumorosa.
  • 60 db        = conversazione a voce normale, radio accesa.
  • 70 db        = rumore di un treno per chi viaggia a bordo.
  • 80 db        = strada molto rumorosa, suono di un clacson.
  • 90 db        = metropolitana, ciclomotori, grossi autocarri.
  • 100 db      = officina meccanica, fonderia.
  • 110 db      = aerei nelle vicinanze, maglio.
  • 120 db     = tuono vicino, esplosione di un ordigno.
  • 130 db     = martello pneumatico, aereo al decollo.
  • 140 db     = reattore al banco di prova, soglia del dolore per l’uomo.

I suoni non si propagano nel vuoto (mancando l’elemento essenziale per la propagazione delle onde, aria, acqua), come dimostrato dallo scienziato irlandese Robert Boyle (1627 – 1691).

La velocità di propagazione del suono dipende da alcuni fattori: in aria secca, alla pressione di una atmosfera e alla temperatura di 0° C è di ca. 331m/sec. (1200km/h).

I suoni si propagano con intensità maggiore in favore di vento che non controvento perché la velocità del vento è mediamente minore vicino al suolo che in quota, e questa differenza tra le velocità fa si che i suoni che seguono la stessa direzione del vento siano deviati verso il terreno, mentre quelli che vanno controvento vengono deviati verso l’alto. Pertanto nel primo caso si ha un’intensità acustica maggiore.

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Le dimensioni dei CD si decise in base alla durata della “Nona Sinfonia” di Ludwig Van Beethoven, opera di cui era appassionata la consorte dell’industriale che per primo li ha prodotti.

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“Nella musica classica i confini dinamici e formali sono rigorosi. Non si improvvisa come nel jazz, perché è impossibile modificare i percorsi. Ma anche restando all’interno di questa griglia esatta si può esprimere sentimenti e offrire una visione personale. La partitura non dev’essere una prigione. Interpretare un brano musicale è provare a comprendere e comunicare ciò che va oltre il segno scritto”.  (Lang Lang, pianista)

Bibliografia:

Principali fonti di ricerca. Molte notizie provengono dalla lettura di riviste, quotidiani, internet.

  • Herbert Weinstock  – Cos’è la Musica – Mondadori Ed.       – 1975
  • Giulio Confalonieri – Storia della Musica – Ed. Accademia – 1975
  • Le immagini e alcuni testi sono tratti da Internet